Allora io innanzitutto ringrazio moltissimo il presidente Antonio Ferrara per avermi invitato qui oggi, a questo seminario di Aeropolis, ed ho il piacere di salutare tutti voi, amici di Napoli, che conosco perché la nostra associazione, perlomeno il chapter italiano, è nata proprio qui a Napoli, ed ha avuto la sua prima sede legale, qui all’Università Federico ii, nel tardo 2013.
Io mi giocherò i pochi minuti che ho a disposizione non tanto per raccontarvi la storia di Space Renaissance, che esiste da una decina d’anni: dal 2008 l’associazione internazionale, il chapter italiano dal 2013. Quanto per essere sull’edge della problematica spaziale, e quindi fornire quello che secondo noi è l’indicazione, diciamo pure politica, estremamente urgente e che può innescare in italia un processo estremamente interessante ed utile dal punto di vista anche dello sviluppo economico e non solo economico, per il raggiungimento degli obiettivi che noi tutti, i cosidetti space activist, perseguiamo da parecchi anni. Nel caso di Space Renaissance esplicitamente l’espansione della civiltà nello spazio.
Cosa vuol dire espansione della civiltà? Vuol dire espansione civile nello spazio, che significa il cambio di paradigma, dall’esplorazione all’insediamento, alle prime attività industriali a partire dallo spazio geo-lunare: quello che già si può fare e che sarebbe estremamente redditizio già nei prossimi dieci anni e non in un futuro remoto. Era questo il tema del nostro congresso, che abbiamo tenuto all’INAF di Bologna a maggio di quest’anno. Il titolo era “Officine orbitali: primo livello di esposizione civile nello spazio”, ed ha avuto come focus tre temi fondamentali: 1) le officine spaziali, con i temi industriali di possibile sviluppo, 2) l’aggiornamento necessario del diritto spaziale, fermo all’Outer Space Treaty di ormai 51 anni fa e 3) l’ecologia cosmica, un discorso che ha visto gli amici e colleghi dell’INAF svolgere interventi stupendi a dimostrazione che siamo immersi in un’ecologia cosmica, e nonsolamente in un’ecologia planetaria. Un congresso che ha avuto un grandesuccesso, una milestone molto importante, nel processo di sdoganamento dellospazio in italia come tema attuale e non solamente una chicca per gliappassionati del settore. Ci sono stati più di 40 interventi di speaker digrande rilievo: due numeri 2 dell’ESA (due persone che rispondono direttamente a Jan Woerner), oltre ovviamente a rappresentanti dell’ASI e di altre realtà importanti, non solo della ricerca, ma anche di piccole aziende come la D-ORBIT di Fino Mornasco, la Ferrari Farm che fa serre idroponiche per lo spazio, ed altre realtà piccole ma significative, che esistono in italia e che si muovono nella direzionegiusta.
Vado rapidamente a quello cui accennavo prima, l’indicazione che abbiamo messo a punto, già nel secondo congresso mondiale del 2016, dove abbiamo identificato quel gruppo di attività industriali che possono essere svolte nello spazio. Quest’anno Space Renaissance ha viaggiato molto: siamo stati a Vienna, all’UNISPACE+50, l’assemblea della branca spaziale dell’ONU, l’UNOOSA. Siamo stati a Brema, al congresso della International Astronautical Federation, e siamo stati a Spacecom 2018 a Houston, due settimane fa, proprio per capire qual’è la percezione, per tastare il polso della space community internazionale sui temi che ci interessano. Ebbene abbiamo visto un grande fermento, addirittura anche aziende dell’aerospace tradizionale, come la ULA, composta da Boeing e Lockheed Martin, ed altri che stanno sviluppando piani di industrializzazione spaziale. Si parla ormai chiaramente di economia cislunare, che comprende attività minerarie sui Near Earth Object e sulla Luna. Più modestamente noi avevamo messo l’accento già da un paio d’anni a questa parte per esempio sull’assemblaggio dei satelliti in orbita: pensate a cosa porterebbe come risparmio, ed in termini di economia di scala e tutti i costi di progettazione, costruzione e lancio se i satelliti potessero essere assemblati in orbita. Potrebbero fare a meno ad esempio di una serie di automatismi per il deployment delle antenne e dei pannelli solari. La rimozione dei detriti spaziali ed altre attività che non potranno che essere manned, quando le si vorrà fare in maniera seria, ed anche il possibile riutilizzo dei materiali di risulta dai detriti spaziali. Tutti processi industriali che potrebbero essere sviluppati su stazioni orbitali adeguatamente attrezzate.
Allora per dare inizio a questo processo servono alcune tecnologie abilitanti. Prima di tutto veicoli a basso costo, perché senza questi non andiamo da nessuna parte nello spazio, con i costi attuali — che sono quelli dell’esplorazione finanziata con soldi pubblici — non possiamo permetterci di cominciare a lavorare nello spazio. Possiamo solo continuare a fare esplorazione, finché ci saranno soldi: se l’economia non sarà rilanciata dalla space economy sarà difficile che ci siano soldi anche per l’esplorazione, fra quindici o vent’anni. Quello che serve quindi sono veicoli a basso costo, dotati di un comfort e di accelerazione compatibili con criteri di trasporto di passeggeri civili nello spazio. Perché, guardate bene, il tema nei prossimi anni è questo: tema che coinvolge necessariamente l’aeronautica, perché portatrice della grande esperienza di trasporto passeggeri civili in aria, un’esperienza fondamentale, senza la quale non andiamo da nessuna parte. Mi piacerebbe molto sviluppare il discorso del settore new space, ma credo che avremo modo e tempo di svilupparlo più avanti. In estrema sintesi, cosa ci serve: accelerazioni basse, rientro nell’atmosfera morbido e confortevole, protezione dai raggi cosmici, ci serve cominciare a pensare all’ambiente verde negli habitat spaziali. E la gravità artificiale, altra cosa che di cui non possiamo fare ameno, se vogliamo pensare di vivere e lavorare per lungo tempo nello spazio, e non un massimo di sei mesi come succede oggi agli astronauti sulla space station.
Il tema del trasporto passeggeri civili nello spazio, che per noi è fondamentale, in tutte queste conferenze cui abbiamo partecipato quest’anno l’abbiamo visto ancora abbastanza marginale. Uno potrebbe dire accidenti ancora non c’è attenzione su questo. Invece noi diciamo che è un’opportunità formidabile, perché in Italia siamo ben messi, siamo avanti su questo tema. Abbiamo il CIRA, oggi presente qui con Stefania Cantoni, una vecchia amica, sostenitrice di queste idee. Da anni il CIRA svolge ricerche sul rientro in atmosfera morbido e navigato, proprio per diminuire la pericolosità ed aumentare la sicurezza. Abbiamo un progetto coordinato dal professor Battiston prima di assumere la presidenza dell’ASI, sulla protezione dalle radiazioni cosmiche. Una serie di piccole aziende che si muovono nella direzione giusta, come come start up ed ormai non più come startup. Recupero dei detriti spaziali, la D-ORBIT, la prima del mondo. Allora, siamo malmessi? No, siamo ben messi, e se affrontiamo da un punto di vista filosofico umanista il discorso del trasporto passeggeri civili nello spazio — come possiamo fare, dati la nostra storia e retaggio storico culturale — possiamo assumere rapidamente una posizione di leadership nel settore new space alivello mondiale.
Non ultimo, lo spazioporto di Grottaglie con tutto quello che comporta, e che ci posiziona tra i primi paesi al mondo che ospiteranno i voli suborbitali di Virgin Galactic.