Spazio per tutti, sulla Terra e oltre

Spazio per tutti, sulla Terra e oltre

Spazio per tutti, sulla Terra e oltre

SRI NEWSLETTER – 10 maggio 2023
Bernard Foing & Adriano V. Autino

Space Renaissance International ha recentemente lanciato una campagna mondiale per aggiungere un 18° SDG all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. La nostra iniziativa è risultata essere in sintonia con iniziative simili, intraprese da altre organizzazioni di advocacy spaziale, ad esempio la National Space Society degli Stati Uniti, e molte altre. Tutte queste organizzazioni promotrici stanno ora lavorando a una campagna congiunta. Primi appuntamenti saranno la presentazione, da parte dell’NSS, dello #Space18SDG al COPUOS (il Comitato delle Nazioni Unite per l’Uso Pacifico dello Spazio extra-atmosferico) la prima settimana di giugno, e un panel organizzato da SRI all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, per il 18 settembre.

Spazio per tutti, sulla Terra e oltre, uno sviluppo spaziale a trazione civile, con comunità umane che vivono e lavorano nello spazio per espandere e moltiplicare i benefici per tutti i popoli della Terra.

Quanto sopra è il concetto principale che sostiene la nostra proposta, cercando di rendere evidente, in poche parole, che, sebbene apprezziamo e consideriamo molto importante l’enorme contributo finora dato dalle tecnologie spaziali al raggiungimento dei 17 SDG terrestri, pensiamo che non basteranno a superare la crisi globale dello sviluppo umano sul nostro pianeta madre, qualora l’umanità rimanesse chiusa e confinata entro i suoi limiti.

Sappiamo che non sarà facile ottenere che un 18° obiettivo incentrato sullo spazio sia aggiunto all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Fin dai suoi primi passi, la nostra iniziativa ha sollevato critiche e obiezioni. Tuttavia riteniamo che la nostra iniziativa sia molto opportuna e tempestiva, mentre le Nazioni Unite stanno andando a una revisione degli SDG, probabilmente entro il 2025, una sorta di riesame di medio termine, sulla road-map del 2030. Inoltre, l’iniziativa #Space18SDG offrirà al movimento spaziale un’occasione perfetta per spiegare un semplice concetto ancora nascosto e mistificato nell’opinione pubblica: che 8 miliardi di terrestri non possono più farcela su un solo pianeta, e che abbiamo quindi abbiamo un urgente bisogno di iniziare ad espanderci, spostando il nostro sviluppo all’esterno. La New Space Economy sta guadagnando slancio e ogni anno supera e contraddice le previsioni fatte dagli esperti: la dimensione di $ 1 trilione sarà probabilmente raggiunta non nel 2040, ma già prima del 2030.

La New Space Economy si conferma il settore più dinamico, guidando di fatto la crescita dell’economia globale, dando la possibilità agli SDGs 7, 8 e 9 (energia, sviluppo industriale e lavoro) di fare il loro lavoro essenziale, sostenendo tutti gli SDGs sociali (zero povertà, zero fame, ecc…). Tutti gli SDG sociali npon possono fare a meno della crescita. Anche gli SDG ambientali hanno bisogno di crescita energetica e tecnologica, per poter essere implementati. Eppure la crescita industriale ed economica, se chiusa all’interno dei confini della Terra, entra drammaticamente in conflitto con gli SDG ambientali. La società del web, infatti, ha bisogno di più energia, non di meno. Anche la mobilità elettrica incrementerà la domanda di energia elettrica. La società elettronica, in termini generali, ha bisogno di alcuni materiali, che possono essere estratti in poche località sul pianeta Terra: le guerre per le risorse hanno solo cambiato argomento, dal petrolio alle terre rare.

Uno sviluppo spaziale a guida civile risolverà, in prospettiva, sia i problemi di cui sopra, sia molti altri. In primo luogo, sulla Luna e su molti asteroidi si possono trovare abbondanti risorse, tra cui terre rare e molti altri materiali preziosi, ponendo fine alla carenza di materie prime per la produzione di componenti elettronici. Ciò contribuirà alla pace sulla Terra, all’aumento dei posti di lavoro e al riavvio della crescita economica. In secondo luogo, spostando progressivamente le industrie nello spazio geo-lunare, l’ambiente del pianeta Terra sarà progressivamente sollevato dal fardello dello sviluppo industriale, permettendo alla madre Terra di prendere fiato e possibilmente riprendersi dalla crisi climatica e dall’inquinamento. In terzo luogo, lo spostamento delle industrie all’esterno dimezzerà la domanda di energia sulla superficie terrestre, poiché le industrie si alimenteranno nello spazio, direttamente dal Sole, e la domanda di energia sulla Terra sarà solo quella dei privati ​​cittadini. Ultimo, ma non meno importante, l’espansione della civiltà nello spazio riaccenderà la creatività in tutti i popoli del pianeta Terra. Le giovani generazioni hanno sofferto troppo, negli ultimi anni, a causa delle pandemie del Covid19, ed ora per l’ insorgere di guerre e scontri violenti. I sistemi educativi sono stati compromessi ovunque. Sebbene siano state sviluppate nuove tecniche di apprendimento a distanza, molti studenti hanno perso interesse e l’abbandono scolastico ha subito un’impennata, così i problemi psicologici, ed un sentimento generale di paura e sfiducia nel futuro.

Il lancio di grandi progetti, costruendo sulla Luna, nei punti Lagrange e oltre, riaccenderà la speranza e l’entusiasmo delle giovani generazioni, motivando nuove ondate di ingegneri, filosofi umanisti, scienziati, tecnici.

I nostri figli domani saranno astronauti? Quella era l’era dell’Apollo, quando i bambini guardavano Buzz Aldrin camminare sulla Luna e sognavano di essere astronauti… Nella stragrande maggioranza i bambini di oggi saranno cittadini e lavoratori spaziali. I cittadini spaziali avranno bisogno che i diritti civili siano estesi allo spazio. Anche i lavoratori spaziali rivendicheranno i loro diritti. Vivendo e lavorando nello spazio, saremo protetti dalle radiazioni cosmiche? Avremo la gravità simulata, per evitare il decadimento delle nostre ossa e muscoli? Avremo ambienti verdi negli habitat spaziali?

Il 18° SDG richiede tutto quanto sopra, e di dare quindi maggior priorità alla relativa ricerca scientifica. E ancora, proponiamo anche che la storia dello spazio e della ricerca scientifica siano aggiunte a tutti i programmi educativi, dalle Elementari all’Università. Bisogna cominciare ad insegnare la storia dell’amore, non solo quella delle aggressioni, delle colonizzazioni, degli imperi e delle guerre. I nostri figli devono imparare la storia delle persone che hanno dedicato la loro vita all’umanità, per il progresso della civiltà. Il 18° Obiettivo di Sviluppo Sostenibile porterà anche questo grande valore educativo.

Questa campagna “Space4all on Earth and Beyond” sviluppa il piano d’azione che abbiamo concordato al Congresso SRI del 2021, promuovendo la scienza spaziale, la tecnologia, l’economia e l’occupazione, la collaborazione internazionale, la pace, le risorse, l’ispirazione, la formazione e di fatto un rinascimento spaziale.

Bernard Foing, SRI, Presidente

Adriano V. Autino, SRI, Fondatore ed ex Presidente

12 giugno 2023: segui il livestream sul canale Youtube Space Renaissance: https://youtube.com/live/A5CAyaNl7GI?feature=share
Fai clic su “going” all’evento di Facebook: https://www.facebook.com/events/768080504967832/.

Firma la petizione #Space18SDG: https://www.change.org/space18sdg

Aggiungi la tua organizzazione al gruppo dei promotori: https://spacerenaissance.space/sign-the-18th-sdg/

Per favore, non dimenticare di sostenere Space Renaissance:

Unisciti alla SRI Crew: https://spacerenaissance.space/membership/international-membership-registration/

Fai una donazione: https://spacerenaissance.space/donate-to-space-renaissance/

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Posted by Miriam Viscomi in Newsletter
Gli esopianeti e la loro relazione con il Pianeta Terra – LUIGINA FERETTI Direttrice dell’IRA-INAF

Gli esopianeti e la loro relazione con il Pianeta Terra – LUIGINA FERETTI Direttrice dell’IRA-INAF

Nell’ambito degli incontri tematici promossi da Space Renaissance International, incontriamo la Dott.ssa Luigina Ferretti, già direttrice dell’IRA-INAF e tuttora elemento di punta del medesimo Istituto.

Dalla nascita del gruppo ROUB (Radio Osservatorio Università di Bologna) all’Istituto di Radioastronomia i progetti scientifici e tecnologici sviluppati dai ricercatori di questa importante realtà sono stati numerosissimi; ciò grazie alla strettissima connessione tra ricerca radioastronomica e sviluppo tecnologico, la forte interazione con l’Università anche dopo la costituzione dell’Istituto CNR, e l’apertura dell’Istituto verso filoni di ricerca non prettamente radioastronomici.

Poniamo, quindi, alla Dott.ssa Ferretti una serie di domande per meglio comprendere la materia dell’odierno campo d’ispezione scientifica che riguarda gli esopianeti e la loro relazione con il Pianeta Terra.

D: 1) Cosa sono e come si formano gli esopianeti?

R:  Gli Esopianeti, o Pianeti Extrasolari,  sono pianeti che non appartengono al sistema solare, e cioè orbitano attorno a una stella diversa dal Sole.

Attualmente si conoscono oltre 5000 esopianeti, e un paio di migliaia di possibili candidati che dovranno essere confermati da nuove osservazioni. I primi esopianeti sono stati scoperti alla fine del secolo scorso. Oltre la metà degli esopianeti conosciuti sono stati scoperti dalla missione KEPLER (2009-2018), col “metodo del transito” che è il metodo più efficace per individuarli: osservando al telescopio la luce di una stella, questa diminuisce a intervalli regolari quando un pianeta che le orbita attorno transita di fronte alla stella. Attualmente la ricerca di esopianeti utilizza anche altri metodi, tra cui l’osservazione diretta con i più potenti telescopi attualmente disponibili, e la rivelazione di movimenti della stella dovuti all’interazione con il sistema planetario. 

Gli esopianeti si trovano generalmente attorno a stelle relativamente vecchie, mentre nelle stelle giovani è possibile rivelare i cosiddetti “dischi protoplanetari” che sono l’embrione di un sistema planetario.  Sono dischi ruotanti di gas e polvere, inizialmente molto caldi, che poi si raffreddano formando piccoli granelli di polvere, dai quali si formerà un sistema planetario in futuro.  I modelli di formazione degli esopianeti e dei sistemi planetari extrasolari sono di base gli stessi modelli che si applicano alla formazione del sistema solare, ci sono tuttavia differenze di condizioni, tempi, velocità, temperature, composizione chimica, e quindi alla  fine possono risultare sistemi planetari con differenze enormi. Dal punto di vista dell’osservazione e rivelazione, va detto che siamo limitati dalla distanza e quindi si rivelano innanzitutto gli oggetti più grandi e luminosi, e solo con strumenti più sensibili e raffinati si possono trovare gli oggetti più piccoli.  

D: 2) Gli esopianeti sono abitabili rispetto alla loro atmosfera? Che tipo di atmosfera troviamo negli esopianeti?

R: Gli esopianeti possono, nel futuro, diventare una nuova “casa” dell’umanità, se si trovano nella cosiddetta “fascia di abitabilità”, ossia a una distanza dalla loro stella che permetta di avere in superficie l’elemento che oggi riteniamo fondamentale per la vita: l’acqua liquida. Se infatti il pianeta è troppo vicino al suo Sole diventa bollente e l’acqua evapora, se è troppo lontano è ghiacciato.

Altri fattori da considerare sono la temperatura interna del pianeta (alcuni esopianeti hanno temperature di oltre mille gradi) e l’interazione del pianeta col sistema planetario e con la sua stella, cioè ad esempio l’esistenza di un ciclo notte/giorno simile al nostro e condizioni relativamente stabili nel corso del tempo (cioè la vita deve essere possibile per un lungo periodo). Infine, è cruciale la massa del pianeta, che dev’essere sufficientemente grande da far sì che i gas residui dopo la formazione del pianeta non si disperdano, ma restino legati per effetto della gravità formando un’atmosfera dove hanno luogo processi di termodinamica e chimica fondamentali per la vita. 

Ad esempio l’atmosfera terrestre garantisce il ciclo dell’acqua di evaporazione, condensazione e precipitazione, la fotosintesi, e inoltre protegge la terra dall’attività solare: succede la stessa cosa negli esopianeti? Gli esopianeti hanno spesso atmosfere con composizione complessa ed esotica, altri hanno atmosfere troppo acide o troppo ricche di vapor acqueo. 

È da notare che la parte respirabile dell’atmosfera terrestre è uno strato molto sottile, che gli strati superiori sono molto diversi, e che l’atmosfera terrestre è globalmente cambiata nel corso del tempo. Quindi al momento attuale è importante studiare gli esopianeti per rivelare la presenza di atmosfera e cercare firme di attività biologica (cosiddette “biosignatures”), come ad esempio molecole di anidride carbonica, metano e vapor acqueo, che sono ingredienti della chimica base che si può conciliare con la possibilità di vita. Questo sarà un primo passo per identificare, tra gli esopianeti localizzati nella fascia abitabile, quelli potenzialmenti adatti alla vita.

D: 3) Che tipo di relazione c’è tra la terra e gli esopianeti? 

R: Gli esopianeti possono essere fatti di gas (come i nostri Giove o Saturno) o di roccia e metalli (come la Terra).   Tra i giganti gassosi sono stati rivelati i Gioviani caldi, tra i primi tipi di pianeti osservati: giganti gassosi che orbitano così vicino alle loro stelle che le loro temperature raggiungono le migliaia di gradi. Questi tipi di pianeti non esistono nel sistema solare e probabilmente sono destinati a fondersi con la loro stella.

I pianeti rocciosi sono spesso molto più grandi e massicci della Terra: vengono chiamati Super-Terre e possono possedere atmosfere. I pianeti terrestri sono delle dimensioni della Terra o più piccoli, composti da roccia, silicato, acqua e carbonio. Ulteriori indagini determineranno se alcuni di essi possiedono atmosfere, oceani o altri segni di abitabilità e dunque essere i candidati per la vita extraterrestre.  

Tra tutti gli esopianeti conosciuti, quelli potenzialmente adatti alla vita sono solo poche decine. Infatti, pure in quelli alla “giusta distanza” dalla stella non è detto che ci sia acqua. E anche se c’è, non è sicuro che quel pianeta sia abitabile: la sua stella potrebbe rendere impossibile la vita emettendo enormi quantità di raggi UV (quelli che provocano le ustioni solari) e i raggi X ( quelli che, in dosi piccolissime, permettono di fare le radiografie). C’è ancora molto da indagare prima di trovare un pianeta davvero simile al nostro. 

Inviare delle sonde a esplorare questi mondi per ora non è fattibile: per raggiungere il più vicino, Proxima Centauri b, con le migliori tecnologie che possediamo oggi, ci vorrebbero oltre 17000 anni. L’unica possibilità concreta è dunque investigare dalla Terra, utilizzando gli strumenti più sensibili disponibili.

4 aprile 2023

Miriam Viscomi

 

Posted by Miriam Viscomi in Interviste
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