Additive manufacturing: un’alternativa ai razzi riutilizzabili? di Adriano V. Autino |
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Come promesso, ecco un breve resoconto, ed alcune considerazioni, sul workshop Additive Manufacturing, organizzato dall’ASI, dal 20 al 22 Luglio, nell’auditorium della sede di Tor Vergata a Roma. L’iniziativa, che ha visto fortemente impegnati Roberto Formaro (capo della Technology and Engineering Division dell’ASI), Danilo Rubini ed il loro staff, è stata decisamente un successo, ed ha visto la presenza, nei tre giorni, di più di trecento partecipanti, in grande maggioranza appartenenti al settore industriale ed al mondo accademico. Queste note sono scritte di getto, appena rientrato da Roma, spero mi perdonerete qualche omissione o imprecisione, cui magari qualche collega potrà rimediare, postando nei forum. Complessivamente hanno preso la parola una cinquantina di oratori, di cui il 60% rappresentanti realtà industriali o di ricerca tecnologica, il 30% università, il 10% enti di ricerca. Tra le università molto nutrita la presenza del Politecnico di Milano e dell’Università Tor Vergata. Mi ha un po’ sorpreso la più limitata (benchè di notevole livello) partecipazione del Politecnico di Torino, soprattutto se consideriamo la cospicua presenza al workshop di aziende torinesi. Pensavate possibile, nel contesto di questa crisi che sembra non finire mai, che potesse esistere un settore industriale, anche nel nostro paese, che cresce a due cifre? Bene, questo settore esiste, e si chiama additive manufacturing o, per dirla in italiano, fabbricazione additiva. |
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Tommaso Ghidini – ESA![]()
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Durante il workshop i protagonisti del settore si sono visti in faccia, senza nascondere una certa sorpresa, nel constatare che in molti casi si sta ormai parlando di vera produzione, e non solo di prototipazione, e che componenti stampati in 3D stanno già volando. Fortemente raccomandata da parte dall’ESA, presente al workshop con Tommaso Ghidini, capo della sezione Materials Technology, si è parlato molto di standardizzazione e certificazione dei processi, passo fondamentale per l’utilizzabilità in sicurezza dei prodotti. Si veda anche, di Tommaso Ghidini, questa bella conferenza TED sul 3d printing spaziale. Nella prima parte si mostra, tra l’altro, la sezione di muro lunare stampata in 3d da D-SHAPE (Enrico Dini). |
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Enrico Dini, nella sua presentazione al work-shop, mostra la tecnica di stampa 3d, mediante il grande plotter che “scrive” il legante chimico sugli strati di simulante della regolite lunare. Un altro tema molto dibattuto, nelle sessioni dedicate alle domande, quello del necessario coordi-namento tra università ed industria, che ASI sollecita fortemente, e per il quale intende sviluppare un centro di riferimento dedicato, che funga da stimolo e motore di comunicazione e collaborazione.
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Un momento della presentazione di Enrico Dini, D-SHAPE.![]() |
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Ovviamente, mi sentirei di aggiungere, una simile struttura, più che necessaria, potrà raggiungere gli obiettivi prefissati solo se saprà dotarsi di un setup analitico, capace di analizzare i punti di eccellenza di ogni azienda, ed andare oltre la logica dello “sportello”, muovendosi attivamente e continuativamente sia verso le aziende che verso le università. Fa ben sperare, da questo punto di vista, la positiva serie di incontri con le aziende che già vediamo in atto, da parte dell’agenzia. Additive Manufacturing: una scheda tecnica veloce e non esaustiva Qualche nota informativa è d’obbligo, poichè non tutti siamo esperti di tecniche produttive industriali. È abbastanza semplice. Le tecnologie tradizionali di fabbricazione meccanica si dicono sottrattive, perchè perlopiù lavorano i metalli per sottrazione di materiale: da un tondino, o da un pezzo squadrato, viene eliminato il materiale superfluo, mediante ad esempio la tornitura o la fresatura, supportate da tecniche CAD/CAM. Mi perdonino gli esperti delle tecnologie di lavorazione meccaniche per l’estrema semplificazione, ma è tanto per dare un’idea. La fabbricazione additiva, comunemente conosciuta anche come stampa 3D, opera al contrario, aggiungendo materiale dove serve, per mezzo di stratificazioni successive, modellate seguendo un disegno a computer (CAD/CAM). I materiali di partenza sono polveri metalliche o di altra natura, che possono essere opportunamente mescolate ad additivi, per ottenere leghe e materiali compositi. Le polveri vengono fuse mediante laser o altre metodologie comunque basate sulla concentrazione di calore, seguendo il profilo del modello elettronico. La stampa 3D viene anche utilizzata per creare oggetti a partire da polimeri o leghe polimeriche. L’additive manufacturing di precisione si articola in alcune sotto-tecnologie. Mi sia consentito di limitarmi qui ad elencare quelle che sono riuscito a captare: EBM (Electron Beam Melting), DMLS (Direct Metal Laser Sintering), SLM (Selective Laser Melting), SLS (Sinterizzazione Laser Selettiva), LBW (Laser Beam Welding), FDM (Fused deposition modeling). La stampa 3d a larga scala, presentata dal suo inventore Enrico Dini (D-SHAPE), utilizza sabbie combinate con leganti chimici, per ottenere un composto simile alla roccia, per la costruzione di strutture abitative ed elementi di varia natura, comprese barriere coralline artificiali, per la ripopolazione di fondali marini. Fin dal 2010 tale tecnologia viene sperimentata, in ambito ESA, anche nella prospettiva di “stampare” moduli abitativi sulla superficie lunare, utilizzando la regolite come materiale base di costruzione (si vedano anche i famosi video dell’architetto Norman Foster, uno dei partner del team D-SHAPE). Come è stato ampiamente discusso durante il workshop, si tratta di tecnologie destinate a cambiare radicalmente il modo di produzione industriale, o forse si potrebbe dire ad incarnare concretamente il modo di produzione post-industriale, se per produzione industriale si intende la fabbrica tayloristica seriale, anche nelle sue versioni più moderne, le isole robotiche. Ovviamente le catene produttive seriali continueranno ad esistere, per le grandi produzioni di massa. Ma l’aspetto importante è che sembra essere finito, o almeno significativamente ridimensionato, il paradigma delle economie di scala “più grande il volume più basso il costo di produzione”. Le stampanti 3D permettono infatti di abbassare drasticamente i costi di produzione anche per piccole o piccolissime serie. I vantaggi della produzione additiva, rispetto alla sottrattiva, sono moltissimi e, come è stato rilevato nel corso del workshop, non sono ancora stati scoperti tutti. Con l’additive manufacturing si possono ottenere geometrie e proprietà strutturali che sarebbero impossibili da raggiungere con i processi tradizionali. È possibile ottenere parti di elevatissima complessità geometrica. Viene inoltre enormemente ampliata la possibilità di personalizzazione della produzione, anche per bassi volumi. La stampa 3D permette una diminuzione drastica del numero di parti che compongono un oggetto, se non, in molti casi, la produzione in blocco unico. I tempi di prototipazione e produzione sono molto inferiori, rispetto alle tecniche tradizionali. Il prodotto finito presenta molta maggiore solidità, resistenza e compattezza, grazie alla sostanziale assenza di stress meccanico, che nelle lavorazioni classiche si deve a processi “violenti”, come ad esempio la tornitura, la fresatura, la piegatura. Si ha inoltre un sostanziale alleggerimento dei pezzi prodotti. Ultimo, ma non per importanza, l’additive manufacturing si presenta decisamente come tecnologia “verde”, o se preferite, sostenibile. Il risparmio di materiale e la riduzione degli sprechi sono enormi, se si pensa che le polveri non utilizzate dal processo non vengono in alcun modo rovinate nè modificate, quindi possono essere reimmesse nel processo per un numero elevatissimo di cicli. Allo stesso tempo si ha una drastica riduzione dell’inquinamento ambientale, sia dal processo di fabbricazione, sia dalla massiccia riduzione delle attività di trasporto nei vettori logistici, sia dal risparmio di materiale. Rispetto alla fonderia classica, si ha minore impiego di energia, e nessuna produzione di sostanze tossiche (diossine, ecc..). La meccanica non è più “meccanica” Come osservato da diversi oratori del workshop, ed in particolare dal prof. Quadrini, dell’Università Tor Vergata, le forme degli oggetti sviluppati mediante AM si discostano decisamente dalle forme, squadrate o rotonde, dei prodotti meccanici tradizionali, per avvicinarsi alle forme della natura: le ossa, gli alberi, le conchiglie. Mediante opportuno studio delle caratteristiche strutturali di certe forme naturali sarà quindi anche possibile ottenere componenti stampati in 3d con caratteristiche di robustezza e flessibilità paragonabili. Per chi possiede sensibilità artistica, le forme stampate in 3d sono decisamente intriganti, e non è difficile immaginare una stagione che potrà ispirare gli artisti almeno quanto lo fece il binomio futurismo-meccanica nei confronti dei grandi movimenti artistici del secolo scorso. Dimentichiamo termini come travi, staffe, pilastri, in favore di parole un po’ inquietanti, perchè risuonano con la nostra stessa biologia, come ad esempio la trabecola, che lasciano intravedere forse future contaminazioni tra scienza medica ed ingegneria meccanica, e non solo su terreni di incontro ovvi, quali la robotica e la cibernetica. L’AM e lo sviluppo spaziale Fin qui, si è parlato di una nuova tecnologia, certamente rivoluzionaria e decisamente rinascimentale, ma altrettanto decisamente terrestre. L’additive manufacturing, è stato ancora il prof. Quadrini ad osservarlo, lavora per stratificazione, in verticale, grazie alla forza di gravità. È quindi fortemente limitata, almeno per ora, ad applicazioni terrestri. Solamente in pochi casi (Loredana Santo dell’Univ. Tor Vergata, Maurizio Romeo di BEAMIT), si è parlato di tecniche di stampa 3d in condizioni di microgravità, sperimentanbili a bordo della ISS. Perchè, quindi, il forte interesse dell’ESA e dell’ASI per questa tecnologia? In primo luogo, non dobbiamo dimenticarlo, il focus principale delle agenzie restano, almeno per ora, le attività satellitari, per quanto il clima stia fortemente cambiando, come testimoniato dal forte interesse manifestato dall’ESA per la Luna, dopo l’insediamento del nuovo Direttore generale Johann-Dietrich Wörner, e dallo stesso discorso tenuto dal prof. Roberto Battiston, presidente dell’ASI, in chiusura del workshop. Aspettiamo con ansia che questo promettente indirizzo si traduca in gare concrete, nel database EMIT, ma è già molto importante che l’ESA abbia dato inizio ad un grande outreach mediatico, su programmi di reale espansione. La produzione di componenti per mezzo di tecniche AM è già iniziata, ed in campo aeronautico componenti stampati in 3d ormai volano già da qualche tempo. In campo spaziale Space X già utilizza valvole stampate in 3d sui Falcon, mentre il motore Super-Draco si avvale di una camera di combustione interamente stampata in 3d. Le tecnologie additive, nello scenario attuale, promettono una significativa riduzione dei costi di lancio in tutte le componenti: dai lanciatori, che costeranno molto meno, ai carichi paganti (satelliti). Il tutto potrà essere disegnato, protipato e prodotto in tempi ridotti di almeno un ordine di grandezza, mediante tecnologie additive, peserà meno, costerà meno, tendenzialmente riducendo anche lo stringente requisito di elevatissima affidabilità dei componenti spaziali. Quando le missioni costavano un miliardo, era inevitabile insistere su tecnologie più che consolidate, a scapito dell’innovazione. Come fortemente sottolineto da Mauro Varetti, CEO dell’aggressiva startup torinese 3D-NT, le tecniche additive, abbattendo i costi, apriranno il settore aerospaziale alla sperimentazione, senza venir meno ai requisiti di affidabilità, in particolare quando le missioni includono esseri umani. Tutto questo, ovviamente, non sarebbe forse nemmeno immaginabile, se Elon Musk non avesse abbattuto il costo dei lanci dallo standard dei 900 milioni, mantenuto — cartellisticamente — dalla United Launch Alliance per tanti anni, a 60 milioni, anche prima dell’avvento dei razzi interamente riutilizzabili. E, quando il processo di riutilizzo sarà consolidato, il costo di lancio si attesterà intorno ai 500 mila dollari. Le potenzialità dell’additive manufacturing, per lo sviluppo dell’astronautica civile Le potenzialità dell’AM sono ancora maggiori. Tendenzialmente la messa in orbita di satelliti potrebbe ridursi quasi a zero, almeno per la componente del lancio da terra. |
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Il Presidente dell’ASI Prof. Roberto Battiston, in chiusura del workshop, ha voluto raccogliere, in un certo modo, la sfida di Space X e della NASA. Ha infatti ipotizzato che, grazie all’enorme riduzione del costo dei motori a razzo dovuta alle tecnologie additive, i razzi spendibili possano addirittura in futuro rivelarsi più convenienti, rispetto a quelli riutilizzabili. Quello che è certo è che potenti forze rinascimentali sono ormai lanciate: i razzi riutilizzabili di Space X, e le tecnologie di fabbricazione additiva. Entrambe queste forze stanno abbattando il muro, che sembrava invalicabile fino a poco tempo fa, dell’elevato costo del trasporto da terra all’orbita bassa. E questo, da qualsiasi parte lo si guardi, aprirà la frontiera alta a molte iniziative private imprenditoriali, di tipo industriale, turistico, di servizio. |
Roberto Battiston – ASI![]() |
Blog
Per un Rinascimento Industriale nello Spazio
Space Renaissance Industria
Space Renaissance Italia intende sviluppare attività di lobbying e promozione delle aziende associate, alle quali propone di essere protagoniste e fautrici del cambio di paradigma del programma spaziale: dall’esplorazione all’espansione, dal mercato captive delle agenzie spaziali governative e dell’industria aerospaziale tradizionale ad un vero mercato aperto, che permetta l’ingresso di molte imprese industriali e di servizi.
Un processo, questo, che è già iniziato, grazie ad Elon Musk, ed al suo programma di sviluppo di razzi interamente riutilizzabili, che abbatte di fatto il costo del trasporto terra-orbita di più di un ordine di grandezza, ed a Jeff Bezos, Robert Bigelow, Richard Branson, Jeff Greason e gli altri coraggiosi imprenditori che stanno scommettendo sull’astronautica civile.
Un polo italiano dell’astronautica civile
SR Italia intende, con l’aiuto dei propri associati, delle aziende protagoniste del cambiamento rivoluzionario che è in atto, sollecitare il supporto politico e finanziario da parte di investitori sia pubblici che privati, con l’obiettivo di alimentare la crescita di un vero polo italiano dell’astronautica civile. E, mediante opportune iniziative di outreach ed education, intendiamo sollecitare il consenso e la simpatia da parte dell’opinione pubblica in generale, spiegando bene che sono esattamente loro, in una parola la civiltà, gli “stakeholder”, i principali beneficiari della nostra iniziativa industriale.
I mestieri civili nello spazio
Siamo coscienti del fatto che, con il progredire dell’astronautica civile, sempre più mestieri terrestri “normali” andranno ad estendere le loro attività sulle stazioni, officine ed insediamenti orbitali e lagrangiani, nei villaggi lunari, negli hotel e negli stabilimenti industriali che popoleranno progressivamente l’orbita terrestre e lo spazio geo-lunare.
Quindi la nostra proposta non si rivolge soltanto ad aziende di progettazione e costruzione di sistemi spaziali, ma anche ad aziende commerciali capaci di guardare in alto ed avanti, ad esempio esperti di urbanistica, strutture alberghiere, organizzazioni sportive, ristoratori, istituzioni artistiche o dell’entertainment, pubblicitari, fornitori di servizi, ed industrie manifatturiere, pesanti o leggere, che possano trarre vantaggio da ambienti a gravità zero o a gravità ridotta, dalla enorme disponibilità di energia solare, dalla incredibile leggerezza strutturale delle infrastrutture spaziali nel vuoto, e dal costo bassissimo di qualsiasi trasporto, una volta fuori dal pozzo gravitazionale terrestre.
Il Rinascimento
Patria del Rinascimento iniziato nel 1500, l’Italia può essere oggi leader nello sviluppo dell’astronautica civile, la fase che completerà quel grande processo che dura ormai da cinque secoli. Parliamo in particolare di alcune tematiche di cui il nostro Paese detiene il miglior know-how, grazie al grande background umanista della nostra cultura nazionale.
La progettazione italiana può certamente dire la sua nella fase attuale di passaggio:
dal volo spaziale unicamente finalizzato all’esplorazione
al trasporto ed all’accoglienza di passeggeri civili nello spazio.
Sicuramente di grande interesse almeno le seguenti tematiche, su molte delle quali la ricerca aerospaziale italiana già detiene una posizione di leadership mondiale: architettura spaziale; 3d printing per la costruzione di habitat lunari e cislunari con l’utilizzo di risorse locali; sviluppo di veicoli di trasporto terra-orbita interamente riutilizzabili; piccoli lanciatori a basso costo; miglioramento delle tecniche di rientro in atmosfera; protezione della vita umana nello spazio; riduzione e riuso dei detriti spaziali; manovrabilità interorbitale; officine orbitali per il montaggio, collocazione e manutenzione di satelliti; lavori che possono essere svolti in modo più efficiente ed economico da tecnici specializzati in officine orbitali; riduzione del time to market dei motori e dei componenti essenziali dei sistemi di lancio; sistemi di produzione e fornitura di energia e carburante in orbita terrestre e spazio cislunare; eso-biologia, agricoltura e fattorie spaziali; cucina e gourmet spaziale; sistemi di sostentamento e protezione della vita umana e delle altre forme di vita animale e vegetale che porteremo con noi nello spazio extraterrestre.
Turismo Spaziale
La nostra penisola, da sempre meta del turismo mondiale per eccellenza, potrà arricchire la propria già grande offerta di opzioni turistiche sviluppando spazioporti ed infrastrutture di accoglienza e supporto per il turismo spaziale. L’ASI ha recentemente annunciato l’intenzione di costruire uno spazioporto in Italia, finalizzato al turismo spaziale ed al lancio di piccoli satelliti: SR Italia intende sostenere e promuovere pubblicamente tale programma, ed anche invitare le aziende associate a contribuire al suo sviluppo.
Lagrange Asteroid City
Per quanto riguarda i grandi indirizzi strategici, SR Italia promuove un programma coerente di espansione ed industrializzazione nello spazio geo-lunare. Un concetto che può ispirare iniziative di approfondimento progettuali, sociologiche, economiche ed artistiche è quello di una città scavata dentro un asteroide portato in un punto di Lagrange geo-lunare, e cui sia impressa la rotazione, per lo sviluppo di attività industriali nello spazio cislunare.
Supporto alla vita nello spazio
Lo sviluppo dell’astronautica civile implica un cambio totale di approccio, rispetto al precedente paradigma dell’esplorazione condotta da astronauti addestrati militarmente. Trasportare ed ospitare passeggeri civili nello spazio richiede lo sviluppo di alcune ricerche essenziali, al fine di salvaguardare la vita e la salute dei viaggiatori e dei migranti spaziali. Il nostro paese ha da sempre dimostrato la maggior attenzione umanista verso le persone, la salute, il loro benessere non solo fisico ma anche emozionale, affettivo, sociale. Ne sono prova il sistema sanitario tra i migliori del mondo, la cucina migliore del mondo, le grandi organizzazioni umanitarie, nate e sviluppate a partire dal nostro Paese, per non parlare della qualità della nostra ricerca medica, contro malattie tremende. Nessuno meglio dell’Italia può candidarsi ad affrontare e vincere le sfide principali che ci stanno di fronte, in un programma di espansione spaziale: la protezione dalle radiazioni cosmiche e dall’impatto di micrometeoriti e la gravità artificiale, l’utilizzo oculato delle sia pure abbondanti risorse spaziali, soprattutto per minimizzare la proliferazione dei detriti, sviluppando tecniche e metodologie di decommissioning, recupero e riutilizzo delle infrastrutture obsolete. Space Renaissance promuove in tutto il mondo, ed in particolare nel nostro Paese, la ricerca eso-biologica per la soluzione di questi problemi, ed anche per sviluppare tecniche di coltivazione, sia a fini alimentari sia di più efficiente produzione di ossigeno, acqua ed elementi di supporto alla vita in generale.
Obiettivi
Porteremo quindi la nostra iniziativa in tutti gli ambienti e le istituzioni presso le quali il nostro discorso può o potrà o dovrà avere rilevanza nel presente e nell’immediato futuro. Almeno nei seguenti ambiti: agenzie spaziali, ministeri, unioni industriali, camere di commercio, sindacati, fondazioni bancarie, enti promotori di venture capitalism, fondi di investimento e finanziamento industriale.
La nostra strategia
Space Renaissance Italia è un’associazione culturale non a scopo di lucro, unione spontanea di persone sensibili allo sviluppo ed alla concreta sperimentazione di una filosofia del mondo aperto, ovvero comprensiva della Terra e dell’intero Sistema Solare. SR Italia è un’organizzazione astronautico-umanistica, dedicata ad ampliare la consapevolezza che l’espansione umana nello spazio è fondamentale per la sostenibilità della civiltà attuale e la sua indispensabile crescita, ma soprattutto per la sopravvivenza della vita stessa. Space Renaissance Italia, chapter italiano dell’associazione interanzionale Space Renaissance International (https://spacerenaissance.org), intende stimolare il sistema Italia per innescare un cambiamento nella percezione politica nazionale nei confronti dei viaggi spaziali e dell’utilizzo delle risorse spaziali, al fine di ottenere un incremento sostanziale degli investimenti nelle attività spaziali umane e una focalizzazione di tali investimenti su azioni concrete orientate all’espansione della civiltà nello spazio.
Il programma strategico di SR Italia si focalizza fortemente sulle aziende del comparto aerospaziale e dell’astronautica civile, alle quali proponiamo la corporate membership: insieme avremo più forza, per sviluppare i nostri obiettivi ed ideali condivisi, assicurando al nostro Paese il posto di leader che gli compete nello sviluppo dell’astronautica civile.
L’iscrizione aziendale a Space Renaissance Italia da’ diritto, fra l’altro, a quanto segue:
- lo status di Soci di Space Renaissance Italia per l’anno 2016per l’azienda e per tre persone (soci o dipendenti dell’azienda)
- logo e breve presentazione dell’azienda sulla pagina Aziende del sito di SR Italia (“Space Renaissance Industry”, in corso di allestimento)
- coinvolgimento prioritario nell’organizzazione di eventi ed iniziative pubbliche e nella preparazione di seminari e momenti formativi
- canale preferenziale con gli studenti della Sezione Giovani “SR Pioneers”, delle università con le quali collaboriamo, per organizzazione di stage e lavori di tesi di laurea
- diversi benefit esclusivi, riservati ai Soci di Space Renaissance Italia da parte di strutture, aziende e fornitori di servizi convenzionati
- specifiche attività di lobbying, presso le maggiori agenzie spaziali europee e, grazie a Space Renaissance International presso agenzie spaziali di altri Paesi, inclusa la NASA
contatti: adriano.autino@spacerenaissance.it +39 335 8244435
Il Rinascimento Spaziale sta sbocciando in tutto il Mondo!
Forse vi siete chiesti perchè sia nata una associazione come Space Renaissance, e quale sia la sua utilità… Ebbene, come dicono spesso gli Americani, c’è del metodo nella nostra follia! 🙂
Ci sono le Agenzie Spaziali, e ci sono, per la maggior parte negli Stati Uniti, anche molte associazioni che svolgono attività di divulgazione e di lobbying, promuovendo l’esplorazione spaziale e le attività umane nello spazio. Anche in Europa ed in Italia sono nate negli ultimi anni associazioni che hanno, nella loro mission, la diffusione di notize relative all’astronautica. Ad esempio le recenti notizie che riguardano il grande successo di Space X nel riportare a terra, pronti per il riuso, gli stadi dei lanciatori orbitali. È vergognoso che i nostri media ne abbiano parlato poco o molto marginalmente. E qui cominciamo ad entrare nel merito della domanda iniziale: a cosa serve Space Renaissance. Space Renaissance International (per gli amici SRI) è un’associazione che promuove l’espansione umana nello spazio, e fin qui la nostra associazione non è diversa da tante altre. Ma andiamo avanti: SRI è un’associazione filosofica, e qui il campo si restringe notevolmente, infatti si possono contare sulle dita di una mano le associazioni, o per meglio dire gli istituti, che nel mondo si occupano di filosofia dell’era spaziale. Kepler Space Institute (Stati Uniti), pubblica più o meno annualmente il Journal of Space Philosophy, un volume che raccoglie scritti di una trentina di autori (tra i quali il sottoscritto). L’Astrosociology Research Institute studia le interazioni tra l’esplorazione spaziale e la società, i comportamenti, lo sviluppo. Altri manifesti filosofici ed umanistici sono stati pubblicati da comunità come “100 Years Starship”, “Icarus International” ed il programma SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence). Ma queste associazioni concentrano maggiormente la loro ricerca sulle tecnologie avanzate e non sulle filosofie motivanti dello spazio. Stephen Ashworth, un filosofo astro-umanista inglese, ha elaborato diversi concetti fondamentali dell’umanesimo astronautico, e distribuisce un’interessante newsletter periodica, nella quale analizza eventi spaziali e non, dal punto di vista socio-evolutivo. Come abbiamo visto, le risorse sono limitate, ed il campo della filosofia spaziale sta iniziando solo ora ad emergere.
Noi intendiamo coniugare la indispensabile elaborazione filosofica con operazioni concrete, che stimolino la riflessione autonoma da parte della popolazione, in merito al futuro della civiltà, ai rischi enormi cui stiamo andando incontro, a cosa non si è ancora fatto e si sarebbe dovuto fare già da tempo, e la cui realizzazione è quindi ormai estremamente urgente. Si comincia a delineare, a questo punto, la specificità e l’utilità di Space Renaissance. Perchè queste cose le diciamo noi, e non altri? Questo perché noi guardiamo la rinascita tecnologica e umanistica che è sbocciata negli ultimi 100 anni. Il che ci permette anche di fare un passo indietro, rispetto ai dettagli dei diversi progetti, per analizzare lo stato della civiltà dal nostro punto di vista umanista. E nel nostro umanesimo includiamo la responsabilità in primo luogo verso la nostra specie — sette miliardi e mezzo di persone–, ma anche verso le altre specie senzienti con le quali condividiamo questo pianeta, dotate di minori strumenti intellettivi e culturali.
Ma oggi non vogliamo sviluppare il discorso filosofico, solo attirare la vostra attenzione su alcune peculiarità normalmente poco “attenzionate”, per usare un neologismo piuttosto in voga. Il concetto umanista, che muove dall’interesse e dai diritti di tutti gli umani viventi e della loro progenie, ci porta a sostenere che l’umanità ha un disperato bisogno di espandersi nello spazio, e non solo di esplorarlo, se vogliamo evitare un olocausto di proporzioni gigantesche.
La visione di un mondo più equo ed inclusivo, basato sullo spazio, non è isolata in se stessa; include anzi molte proposte, caratteristiche e problematiche. L’information technology spaziale, fra l’orbita bassa (LEO) e l’orbita geo-stazionaria (GEO), ha dato il suo contributo fondamentale allo sviluppo della rete globale, per la soluzione dei problemi sociali ed ambientali globali, ed a sostegno dello sviluppo globale su larga scala. In un altro numero delle nostre newsletter discuteremo l’evoluzione — ormai in grave ritardo — dell’infrastruttura orbitale commerciale non abitata in una infrastruttura presidiata ed abitata, in grado di garantire la necessaria manutenzione, il recupero ed il riutilizzo dell’enorme quantità detriti spaziali orbitali.
È sempre la nostra visione umanista, per entrare ancor più nel concreto, che ci porta a formulare un programma di espansione “morbido”, che consenta ai migranti terrestri di diventare spaziali senza che la loro fisiologia debba cambiare radicalmente nel giro di poche generazioni. Questo significa porsi seriamente due problemi: gravità artificiale, e protezione dalle radiazioni solari dure, che nello spazio ci investono senza lo schermo protettivo costituito dall’atmosfera terrestre e delle fascie di Van Allen. Sono proprio queste ultime che proteggono gli astronauti in orbita bassa, dove viaggia la ISS. Ma già andare sulla Luna, per non parlare di Marte, comporta la necessità di uno schermo protettivo molto più robusto. Perchè, dopo 55 anni dal primo volo umano in orbita, ancora non sono stati ancora affrontati questi problemi fondamentali? Semplice: perchè nessuno si è ancora posto, seriamente, il problema del trasporto di passeggeri civili nello spazio. Una visione fiduciosa nei confronti delle agenzie spaziale ci comunica che stanno facendo tutto quanto possibile, e che se alcuni problemi non sono ancora stati risolti significa che la nostra scienza non è ancora arrivata fino a lì. Ma è proprio vero? Porsi questa domanda non significa affatto denigrare il lavoro di tanti onesti ricercatori, che si dedicano con amore e dedizione al loro lavoro, conseguendo risultati eccellenti. Poichè a quegli scienziati viene chiesto di sviluppare determinati studi e ricerche anzichè altre, noi chiediamo: la visione strategica delle agenzie, e dei governi che le istituiscono, è sufficientemente basata su una concezione umanista?
La risposta purtroppo deve ancora essere: solo parzialmente. I veicoli spaziali vengono ancora disegnati essenzialmente avendo in mente degli astronauti che sono piloti militari, specificamente addestrati per anni. Voi ed io non potremmo volare oggi sulla Sojuz, ieri sullo Space Shuttle, così come prendiamo un volo di linea. Non sopporteremmo le accelerazioni, le condizioni di vita di bordo, ed altro cui non siamo preparati. Denis Tito e gli altri pochi turisti civili che hanno volato sulla ISS hanno subito lo stesso addestramento, durato parecchi mesi, compiuto dai piloti militari. Ma, quel che più conta, hanno firmato una liberatoria totale che sgrava le agenzie da qualsiasi responsabilità! Diverse aziende del settore del turismo spaziale si sono invece poste il problema, e quando inizieranno i voli commerciali, sia pure a quota suborbitale, i passeggeri potranno volare in condizioni di comfort, e di responsabilità legale, simili a quelle di un volo di linea. Certo, a 100 km di quota non c’è il problema delle radiazioni, e si tratta di restare in condizioni di assenza di peso per pochi minuti, cosa divertente che non produce alcun danno fisiologico. Tuttavia i primi tentativi di turismo suborbitale rappresentano l’inizio del cambio di paradigma necessario, dal volo spaziale militare a quello civile. Anche il costo delle missioni spaziali è stato un fattore determinante, sino ad oggi, per tenere la frontiera alta ben chiusa ai privati, mantenendola soggetta all’esclusivo controllo governativo. Su questo versante Elon Musk sta operando una vera rivoluzione: riportando a terra tutti gli stadi dei lanciatori si permette il riuso dei motori, con un abbattimento drastico del costo del trasporto terra-orbita.
Per tornare al problema principale, la protezione della vita e della salute umana nello spazio, al di fuori dello scudo protettivo terrestre, si tratta quindi si ottenere condizioni di gravità di 1 G, pari a quella terrestre, e di essere totalmente schermati dalle radiazioni dure, sia quelle solari sia quelle cosmiche (provenienti dalle supernove https://www.corriere.it/scienze/13_maggio_31/marte-radiazioni-troppo-forti-viaggio-astronauti_a413cd54-c9f5-11e2-983e-24267407b94e.shtml). Anche nell’ambito di quello che chiamerò, per comodità, il movimento espansionista, sentiamo dibattere intorno alla priorità di colonizzare la Luna piuttosto che Marte. Ma ambedue queste ipotesi non tengono conto dei problemi menzionati. Sulla Luna potremmo proteggerci dalle radiazioni abitando nel sottosuolo, magari utilizzando i tubi lavici, caverne pronte per essere attrezzate ed abitate. Ma resterebbe il problema della gravità, pari ad un sesto di quella terrestre. Marte offre una gravità pari ad un terzo di quella terrestre, pur sempre notevolmente inferiore a quella cui siamo abituati. Su entrambi i mondi i migranti sarebbero dei superman, per qualche anno, ma poi non sarebbero più in grado di camminare sulla superficie terrestre, e quindi condannati a non tornare mai in patria, se non per brevi “vacanze”… su una sedia a rotelle!
Fin dal primo congresso internazionale di SRI, nel 2011, abbiamo cominciato a lavorare ad una soluzione umanista per la vita umana nello spazio. Gerard O’Neill ne aveva scritto e disegnato già negli anni 70 del secolo scorso: grandi colonie torodiali rotanti, collocate nei punti di librazione di Lagrange, dove gli oggetti possono risiedere stabilmente, senza la necessità di correzione di assetto. Un concetto ripreso nel film Elysium, di Neill Blomkamp, del 2013. Ma, se questo risolve il problema della gravità artificiale, non risolve quello della protezione dalle radiazioni. Si potrebbe allora catturare un asteroide, di quelli la cui orbita passa in modo inquietante vicina al nostro pianeta, portarlo ad esempio in L5, scavarlo all’interno, ricavandone tra l’altro enormi quantità di materie prime, ossigeno, materiali da costruzione, e “terraformarlo all’interno”. Un’impresa che coinvolge saperi scientifici e tecnologici a vastissimo raggio, oltre alle scienze spaziali: architettura, ingegneria civile, sociologia, economia, psicologia, biologia, agricoltura, … Tutte discipline cui potremo aggiungere il prefisso “eso”.
Su tutto questo, di importanza vitale per l’umanità e per il nostro paese, che ha un estremo bisogno di nuove linee di sviluppo industriale, si sviluppa forse una discussione pubblica? No! Al Salone del Libro di Torino, che si chiude domani, parlano tutti, da Checco Zalone a Ligabue, a De Gregory… Il vostro affezionato, insieme ad Alberto Cavallo, ha parlato grazie all’ospitalità del Quotidiano Piemontese e di Vittorio Pasteris suo direttore, che ci ha accolti nel suo stand. Ma senza alcuna pubblicità, in uno spazio molto angusto, senza amplificazione… Ma non avremmo da dire cose molto più utili ed interessanti, senza nulla togliere a Checco o Ligabue??!
Su questi temi, di importanza vitale per l’umanità e per il nostro Paese, che ha un disperato bisogno di nuove linee di sviluppo industriale, dovrebbe nascere velocemente un grande dibattito pubblico. Il governo dovrebbe adottare politiche di sostegno alla nuova industria astronautica civile, promuovere vertici internazionali, simili ai meeting tenutisi di recente per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Le questioni ambientali hanno impiegato 45 anni, dal momento della prima pubblicazione dei supposti “Limiti dello sviluppo”, da parte del Club di Roma di, ad attirare l’attenzione della leadership politica … ma noi non ce li abbiamo 40 anni! La civiltà ha bisogno di dare il via ad una vera e propria espansione internazionale nello spazio prima del 2025, se vogliamo evitare l’implosione economica e l’ulteriore generazione di conflitti ed aggressioni. Quindi dobbiamo dare vita ad un grande movimento pro-spazio, per sviluppare la cooperazione in tutto il mondo, per sviluppare attività politiche e di lobbying, e diffondere a tutti i livelli della società queste proposte, vitali per tutti i terrestri!
Il Rinascimento Spaziale sta sbocciando in tutto il Mondo!
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