Scriviamo nella speranza che vogliate pubblicare questa nostra risposta all’intervista di Leonardo Caffo alla filosofa Rosi Braidotti, pubblicata il 5 di Aprile sul Corriere della Sera, edizione online. Non intendiamo esprimerci sull’insieme dei concetti espressi nell’intervista, che peraltro toccano diversi temi, forse degni ciascuno di un approfondimento a sé stante.Ci riferiamo invece specificamente alle affermazioni categoriche che Braidotti fa relativamente all’espansione della civiltà nello spazio, sorprendentemente consonanti con quanto recentemente espresso da esponenti del movimento thunberghiano dei Fridays For Future.
“Pur di non prenderci cura del pianeta, degli animali, delle relazioni con la diversità, stiamo già lavorando per la fine della vita sulla Terra e l’inizio di quella su Marte”
La superficialità e la disinformazione che stanno dietro questa asserzione, se non sorprendono in bocca a Greta Thunberg ed ai suoi seguaci, sono invece causa di estremo stupore ed incredulità, se manifestate da quella che ci viene presentata come una “autorità mondiale della filosofia, (…) Distinguished University Professor all’Università di Utrecht, in Olanda, dove è direttrice fondatrice del Centre for the Humanities”.
L’intervista parte con una difesa del concetto di nomadismo, con la quale difesa non possiamo che concordare al 100%. Il nomadismo è indubbiamente nel DNA umano, in gradazione più o meno accentuata nei singoli individui, ma sicuramente antico come la nostra specie, e destinato a durare oltre tutte le evoluzioni e le trasformazioni che essa attraverserà in futuro. Dobbiamo quindi subito constatare che l’orizzonte del nomadismo, per Braidotti, si limita ai confini dell’atmosfera terrestre, ed esclude pertanto la regione geo-lunare, il sistema solare, i corpi celesti diversi dal Pianeta Terra, e lo spazio cosmico in generale. La sua visione è quindi, come quella di molti suoi colleghi viventi, del tutto pre-copernicana, non solo terro-centrica, ma persino cieca, e volutamente inconsapevole, del resto dell’universo, come area di possibile nomadismo, vagabondaggio, esplorazione, insediamento ed espansione.
In secondo luogo non deve sfuggire l’uso deliberatamente confusivo e fuorviante del termine ‘colonialisti’. Facciamo sommessamente notare che ormai quasi nessuno, nella space community, fa uso del termine ‘colonizzazione’ e di termini aventi la stessa radice. Questo nonostante sia del tutto improprio mettere in relazione qualsiasi attività di esplorazione o insediamento spaziale con il colonialismo storico. Non vi è infatti, nel sistema solare, alcuna popolazione da ‘colonizzare’, alla quale rubare la terra e le risorse naturali. Tuttavia in tutte le discussioni cui abbiamo partecipato – da ultimo i lavori di preparazione del 3° congresso mondiale di Space Renaissance – si è unanimemente deciso di rinunciare all’uso della parola colonizzazione, al fine di evitare qualsiasi confusione e fraintendimento.
Puntuale, arriva poi l’accusa ad Elon Musk, a Jeff Bezos, a Richard Branson e agli altri astro-imprenditori. Di cosa sarebbero colpevoli? E qui la luminare scopre le sue carte: di capitalismo! Braidotti non fa caso al fatto che Musk sia anche il primo produttore di auto elettriche, e che Bezos sia il detentore di un piano a lungo termine avente l’obiettivo di rilocare tutta l’industria pesante nello spazio geo-lunare, trasformando la Terra in un bellissimo giardino naturale. Forse non ne è al corrente?
Recentemente lo stesso Elon Musk ha detto esplicitamente che ha accumulato il suo patrimonio col preciso scopo di rendere la specie umana multiplanetaria, per utilizzare l’espressione usata da lui.
Braidotti accusa tra l’altro Elon Musk di aver l’ideale dell’”uomo nello spazio”, accusa del tutto fuori luogo dato che alla presidenza di SpaceX ha messo una donna, Gwinne Shotwell, e non per ragioni di immagine. In SpaceX le donne sono numerose proprio in quei ruoli tecnici dai quali continuano ad essere escluse nel mondo industriale in generale.
Ora, sta di fatto che i veri nemici dell’umanità sono proprio coloro che si sforzano pervicacemente di mantenere il nostro mondo chiuso, e otto miliardi di cittadini incatenati e prigionieri, sul fondo del pozzo gravitazionale terrestre. È ormai chiaro, e se qualcuno non se n’era ancora accorto la pandemia sta ulteriormente sgombrando il campo da qualsiasi fraintendimento, che una civiltà di otto miliardi di cittadini non ce la può fare a continuare a crescere, e probabilmente neppure a sopravvivere in quanto civiltà, se si ostinerà a restare chiusa entro i limiti del proprio pianeta madre. Se è vero che non abbiamo un “pianeta B”, è altrettanto vero che ci serve assolutamente almeno un pianeta B, o meglio l’equivalente di diversi pianeti B. In caso contrario non potremo salvare neppure il pianeta A.
Solo avviando subito, prima del 2030, un serio programma di espansione civile nello spazio geo-lunare, verso Marte e poi la Cintura Asteroidea, le Lune di Giove, ed oltre, possiamo sperare che l’economia globale possa riprendere a crescere, e così la democrazia, la libertà, l’inclusione al 100% per tutti i terrestri e dei loro discendenti che verranno, terrestri e non. Già ora, quando larga parte dell’umanità continua a vivere in condizioni precarie, stiamo utilizzando più risorse di quante la Terra ne può riprodurre. L’espansione serve appunto per poter dare una vita decente a tutti senza distruggere la nostra casa. Di questo processo beneficeranno anche le altre specie viventi – animali e vegetali — sulla Terra, che non dovrà più essere soggetta alla pressione incontenibile della nostra specie. Nelle discussioni degli espansionisti spaziali – gli unici veri umanisti della nostra epoca – si parla di villaggi e città orbitali, nei punti Lagrange, in orbita marziana ed oltre. Comunità di pionieri, intenti a realizzare il sogno di rinverdire e portare la vita in un sistema solare altrimenti grigio ed inospitale. Si tratterà di un processo sociale che riprodurrà le peggiori caratteristiche del capitalismo, del neo-liberismo, del socialismo reale o di qualsiasi burocrazia seguita a qualsiasi rivoluzione terrestre? O si tratterà di un processo di rinascimento spaziale, dove un astro-liberismo democratico ed illuminato potrà fungere da nuova ideologia, consapevole che, nella grande abbondanza di risorse, tutte le competizioni possono essere più leali, e meno letali per chi non risulta il primo? Non lo sappiamo. Dipenderà da quanto avremo imparato dalla nostra storia passata, e da quanto saremo stati capaci di maturare imparando dagli errori.
Quel che è certo è che la civiltà avrà una possibilità di continuare, anche se con le sue storture (speriamo meno, di queste ultime). Se dovessero invece vincere le correnti pre-copernicane e chiusuriste, la nostra civiltà sarebbe destinata alla fine prematura, sommersa dalle molte crisi concorrenti che la stanno attaccando: crisi di risorse, disoccupazione, flussi migratori incontrollabili, cambiamenti climatici estremi, pandemie, guerre per le risorse, e l’estrema insicurezza sociale che deriva da tutto ciò. Senza contare le reazioni retrograde a tutto ciò: sovranismi, populismi, neomedievalismo, e in generale tutte le forme di arroccamento egoistico sui propri privilegi, che comunque non potranno essere mantenuti in un mondo le cui risorse sono in declino. Proprio un mondo chiuso creerebbe le condizioni in cui solo minoranze privilegiate potrebbero mantenere il proprio benessere, almeno finché l’intera infrastruttura sociale non crollerà. Vi sono infatti tutti i presupposti per un’imminente implosione della civiltà globalizzata nel mondo chiuso, come è stato predetto da pensatori dotati di una visione realistica del futuro, primo fra tutti l’astrofisico Stephen Hawking. Viceversa, soltanto l’espansione nello spazio può creare quell’abbondanza di risorse che occorre per estendere il benessere all’intera umanità anziché ad un manipolo di privilegiati.
Ebbene, al di là delle ideologie – capitalismo, socialismo, liberalismo o collettivismo – vi sono persone che non si adattano a rimanere a combattere con i propri fratelli per accaparrarsi le briciole di quello che rimane, quando le risorse diventano scarse. Sono gli esploratori, gli insediatori, e gli espansionisti. Piuttosto che rischiare la pelle per difendere uno sparuto orticello in patria, costoro preferiscono mettere a rischio la propria vita per andare fuori, a cercare nuove risorse per sé e per tutti. Sono persone nobili, esistite in tutte le epoche e in tutte le culture. Tutto quello che abbiamo lo dobbiamo a loro. Esistono sia nel mondo occidentale che in quello orientale, sia in quello che resta delle cosiddette democrazie sia in ciò che resta dei, o succede ai, cosiddetti socialismi.
Dobbiamo a loro, oggi, l’unica possibilità che ha la nostra civiltà di sopravvivere: espanderci nel sistema solare, subito.
Adriano V. Autino, Space Renaissance International, Presidente e co-fondatore
Alberto Cavallo, Space Renaissance International, co-fondatore
Nota: Space Renaissance esiste dal 2008, ha tenuto 2 congressi mondiali (2011 e 2016) e celebrerà il 3° dal 26 al 30 giugno 2021.
Adriano Autino ha pubblicato due saggi sull’argomento dell’espansione civile nello spazio (su Amazon):
- “Un mondo più grande è possibile! L’espansione della civiltà nello spazio è la questione morale del nostro tempo”
- “A greater world is possible!” (versione inglese)
- “La Terra non è malata: è incinta!”
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