Crollo della civiltà occidentale – Ormai gli esperti di economia e di relazioni internazionali parlano apertamente di crollo dell’Occidente, e si spingono a prevedere anche la data: il quinquiennio 2025 – 2030, definito come “molto critico”. Si veda ad esempio questo rapporto di previsione della US National Intelligence Council sul 2025: Global Trends 2025 (vedi link in calce).
Il quadro, piuttosto completo, copre vari argomenti: lo sviluppo di una società multipolare, la continua crescita della popolazione, le risorse sempre più limitate a tutti i livelli, ed il notevole rischio di proliferazione dei conflitti, comprese le significative preoccupazioni per la diffusione di armi nucleari. All’interno del periodo considerato una serie di nodi verranno al pettine, o, per dirla semplicemente, un conflitto globale potrebbe esplodere, con risultati insostenibili e strascichi distruttivi a lungo termine. Dopo la caduta dei muri, durante l’ultimo quarto del secolo scorso, non si è stabilito nessun tipo di nuovo ordine mondiale. L’Occidente appare incapace di affrontare il continuo declino della sicurezza, la minaccia del terrorismo, malattia endemica della cosiddetta epoca postmoderna, e non è in grado di proteggere i suoi cittadini, per non parlare di strappare le nuove generazioni all’influenza primitiva della violenza. Caduti o traballanti alcuni regimi dittatoriali del Medio Oriente e del Nord Africa, l’occidente non è riuscito peraltro a proporre ulteriori reiterazioni del modello sociale democratico, che molto potrebbe contribuire alla stabilità globale, allo sviluppo ed alla pace nel mondo.
Guerra, “igiene del mondo?” – Guardando al passato, è giudizio pressochè unanime che, quando la società si è trovata in uno stato stagnante o in declino, il progresso è stato “risvegliato” dalla guerra: shock, scossone, trauma rigeneratore, o anche “igiene del mondo “, come fu definita dal Futurismo di Marinetti nel 1909.
La fase storica che stiamo attraversando potrebbe essere riferita dagli storici futuri — se ce ne saranno — con l’espressione “declino della civiltà occidentale”, e potrebbe trovare il suo epilogo in un terribile conflitto generalizzato. Tale declino potrebbe essere in parte bilanciato dallo sviluppo collaborativo dei paesi emergenti dell’Est, Cina, Asia e Russia. Tuttavia questo potenziale viene già notevolmente frenato dalla limitatezza delle risorse globali, e fortemente ostacolato dalla filosofia ancora dominante, che vede il nostro mondo come un ambiente chiuso. Anche se la guerra fosse ancora considerata eticamente accettabile, se mai lo è stata, non sembra essere comunque uno “strumento” utile nel mondo d’oggi, per diverse ragioni.
Non ci sono più le guerre di una volta, che venivano dichiarate, tra stati, venivano combattute tra eserciti, distruggendo risorse, e terminavano, innescando nuove fasi di sviluppo. Le guerre odierne hanno carattere di guerriglia eterna ed estenuante, sono guerre di attrito a lungo termine, alimentate anche da disordini etnici e culturali, avventurismo politico, terrorismo ed attentati contro la popolazione civile. Le guerre odierne sono endemiche e deprimenti, e colpiscono le attività economiche essenziali, i viaggi, il turismo, l’economia e lo sviluppo in generale. Una crisi verticale, economica e militare, della società globale potrebbe anche essere l’ultima, vale a dire portare ad una tragica implosione definitiva della civiltà: sarebbe infatti la prima volta che una civiltà (globalizzata!) va in crisi senza che ve ne sia un’altra a raccogliere il testimone. Ecco perché non possiamo rassegnarci ad un supposto “male inevitabile”, febbre o medicina amara, che prelude alla guarigione: perché molto probabilmente non vi sarebbe alcuna guarigione, e la nostra specie potrebbe regredire ad uno stato antropologico pre-culturale oppure, ben più tragicamente, ad uno stato post-culturale senza speranza.
Sul piano puramente economico, considerando il disperato bisogno di allocare immense risorse per progetti essenziali di sviluppo su grande scala, la civiltà nel suo complesso non può permettersi di spendere la maggior parte dei bilanci nazionali in armamenti e, in generale, di investire in un riarmo altamente improduttivo ed inutilizzabile. Ultimo, ma non per importanza, essendo enormemente cresciuto il potenziale distruttivo degli armamenti, in particolare nucleari, non è affatto sopito — benché l’argomento forse non sia più di moda, il pericolo di autodistruzione totale della civiltà.
Quindi, in estrema sintesi: la guerra non ci piace, non possiamo permettercela, inoltre non serve allo scopo. Anzi, è ormai al 100% controproducente. Un cambio deciso di strategie è quindi ormai molto più che urgente: quando si constata che la direzione in cui si sta andando ci porta al disastro, bisogna cambiare direzione il prima possibile, ed innescare una stagione di nuovo vigoroso sviluppo, che rilanci e ridia speranza alle aspirazioni di crescita sociale: un nuovo rinascimento.
Un grande trauma foriero di nuovi concetti globali – Per innescare un nuovo rinascimento e’ necessario un grande trauma, e lo sviluppo di molti concetti leader a livello mondiale… ma abbiamo già visto che non può essere una guerra. Potendo scegliere, e non si vede perché non si dovrebbe poter scegliere, optiamo per un trauma positivo, che porti entusiasmo, gioia e nuove opportunità, e non morte e distruzione. Proponiamo una nuova prospettiva, una maggiore comprensione e compassione umana, orizzonti di alto profilo, di progressiva e vasta portata,nuova linfa alla democrazia, e non carne da cannone alla tirannide, orizzonti di libertà, e non lo squallore ed il fango della miseria. E sarebbe inutile invocare la stabilità, la democrazia, la libertà, lo sviluppo e il benessere, senza la dignità che viene dal lavoro: senza nuovo sviluppo industriale, nulla potrà fermare l’Armageddon. Le rivoluzioni più feconde, infatti, sono state quelle industriali. E l’unica rivoluzione industriale possibile, di enorme rilevanza e potenzialità, è lo sviluppo dell’astronautica civile, dall’orbita bassa terrestre allo spazio cislunare.
Tutti i vettori di progresso ormai puntano verso l’alto: non c’è spazio sufficiente per nuove industrie di trasporto terrestri, pur suscettibili di miglioramento, e dovremo rassegnarci al declino della civiltà del petrolio, alla quale ancora siamo legati. Non sfugge a nessuno, infatti, che la crisi è iniziata nel 2008 con i prezzi del petrolio alle stelle, e che conosce oggi una recrudescenza con il calo dei prezzi del petrolio, fattore di deflazione e quindi di nuova recessione globale. La nuova urbanistica deve giocoforza ispirarsi al lavoro dei nostri pensatori e scienziati più avanzati. In particolare ci riferiamo a pensatori illuminati del Ventesimo Secolo, come Gerard O’Neill e Krafft Ehricke, che hanno preconizzato l’espansione dell’umanità all’orbita terrestre, alla Luna, allo spazio cislunare, agli asteroidi vicini alla Terra… La scienza dovrà guardare alle stelle, non più come un cielo lontano, soltanto da osservare, ma come un contesto a tre dimensioni in cui siamo immersi, e nel quale dobbiamo imparare a navigare ed abitare. Che i nostri figli e nipoti abitino le stelle, oppure tra i rifiuti e nel degrado delle bidonville, dipende da noi, oggi. Noi, sette miliardi e mezzo di cittadini del pianeta Terra. Noi, che abbiamo ancora la facoltà di decidere se destinare le nostre tasse ed i nostri investimenti per la guerra, la morte e la distruzione, oppure verso lo spazio, le opportunità, la vita ed il rinascimento imminente.
Il programma di catturare un asteroide e portarlo in L5 – Pensando a shock positivi, a grandi progetti, di dimensioni paragonabili alla costruzione delle piramidi egizie, farebbero al caso nostro, ad esempio, una serie di programmi tendenti a sviluppare l’infrastruttura nella magnetosfera terrestre: catturare un asteroide, portarlo in L5, trasformarlo in un grande habitat rotante, dotato quindi di gravità artificiale; sviluppare un grande insediamento lunare destinato alla ricerca scientifica ed al turismo; dare grande impulso allo sviluppo di veicoli terra orbita a basso costo; promuovere politiche fiscali favorevoli alle aziende del comparto dell’astronautica civile; sviluppare infrastrutture per turismo orbitale e lunare. Da tale infrastruttura potranno poi partire le nuove missioni esplorative verso Marte e la Cintura Asteroidea.
L’attenzione per lo sviluppo di un programma spaziale internazionale conferirà grande impulso ad un’agenda globale, contribuendo ad una visione del mondo aperto ed equo, essenziale per evitare le molte terribili minacce che abbiamo di fronte. L’avvio di tale dinamica progressiva potrà favorire finalmente lo sviluppo di veicoli terra-orbita a basso costo, completamente riutilizzabili e promuovere politiche fiscali favorevoli alle imprese del settore astronautico civile.
Dovremo affrontare il problema della direzione politica: sono necessarie leadership stabili, di alto profilo scientifico, tecnologico e culturale. Si vede ancora poco di tutto ciò, all’orizzonte, purtroppo. Ma diamoci da fare! Dipende da noi!
La Space Renaissance International e le sue sezioni nazionali hanno diverse iniziative ed eventi pubblici in agenda: la partecipazione al World Summit Umanitario di Istanbul a Maggio, un workshop sulla Lagrange City in L5, e su architetture nello spazio Cislunare ad ottobre 2016 a Roma, ed il Congresso Mondiale Space, Not War! nel 2017.
Vuoi aiutare? Credi in un rinascimento spaziale? Allora partecipa a Space Renaissance!
Ci rivolgiamo a tutti i ceti sociali ed a tutte le fedi laiche o religiose: unitevi a noi per sviluppare il paradigma originale del 21° secolo. E’ in corso la campagna di iscrizioni 2016 a Space Renaissance Italia: siamo al 19% dell’obiettivo. Per sviluppare le nostre iniziative abbiamo bisogno del vostro sostegno, non fatecelo mancare! Presto pubblicheremo il primo appello per la conferenza di ottobre a Roma, cui sara’ probabilmente abbinato un workshop aperto agli studenti di diverse discipline.
Ad Astra!
Adriano V. Autino, SRI, President
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