La macchina della guerra, e una proposta per fermarla o meglio trasformarla

La macchina della guerra, e una proposta per fermarla o meglio trasformarla

di Alberto Cavallo
Eliminare i conflitti è uno scopo nobile e necessario, nessuno lo può negare. Liberare l’umanità dallo spettro della guerra deve essere un impegno di tutti, senza il quale il progresso tecnico ci porterà soltanto a maggiori sofferenze e distruzioni.
Il mondo sta affrontando altre emergenze, prima fra tutte il deterioramento dell’ambiente e l’esaurimento delle risorse che ci servono per vivere. Non concordo con chi parla di “salvare il pianeta”, perché il pianeta non corre nessun rischio (per ora non ci sono corpi celesti in arrivo tanto grandi da poterlo distruggere), siamo NOI che lo corriamo! Per questo è corretto usare la parola mondo, che indica il nostro ambiente di vita in tutti i suoi aspetti, naturali e sociali, e non pianeta, che indica un oggetto fisico. I problemi ambientali potranno diventare presto causa di conflitti, e con tutte quelle armi che continuiamo a produrre il risultato sarà drammatico, ne vediamo già l’inizio. L’ambiente in cui viviamo è sempre più deteriorato, con grave danno per noi e per gli altri abitanti del pianeta, a cui peraltro stiamo sottraendo tutto lo spazio vitale.
Ma non possiamo realisticamente cancellare un sistema industriale delle dimensioni di quello delle armi. La risposta può essere soltanto quella di trovare un’alternativa adatta, che consenta di riconvertire un settore industriale in un altro conservando il possibile ma ponendo fine all’assurda produzione di armi rivolte contro nessuno, ma che prima o poi si usano contro qualcuno. Se valutiamo le aziende del settore, vediamo che hanno in comune la tecnologia avanzata, soprattutto in campo aerospaziale. L’alternativa alle armi che possiamo proporre seriamente ora e per subito è una: l’espansione civile nello spazio esterno! Non sto parlando di esplorazione o di scienza pura, sto parlando di espansione economica ed anche abitativa nello spazio esterno, quella che oggi è perseguita non dalle agenzie ma dai soggetti privati.

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“La Nascente Industria del Volo Spaziale Civile”, un reportage dalla conferenza

“La Nascente Industria del Volo Spaziale Civile”, un reportage dalla conferenza

Il 7 Ottobre 2015, al Politecnico di Torino, con la sapiente regia di Antonio Lo Campo, si e’ svolta la conferenza “La Nascente Industria del Volo Spaziale Civile”, l’evento più importante tra quelli organizzati da Space Renaissance Italia nel 2015, per il quale l’associazione, chapter italiano di Space Renaissance International, non ha lesinato alcun sforzo, con la collaborazione dell’associazione studentesca AESA, di diversi professori e dell’associazione Polincontri Classica, che ha reso possibile la rappresentazione del concerto “Magia e Mito, sognando lo Spazio”, che ha chiuso la conferenza.
Il risultato, per una conferenza di questo tipo, e’ stato veramente esaltante. Quasi 300 persone, per l’80% studenti, hanno affollato l’aula magna del Politecnico, apprezzando molto gli interventi che si sono succeduti nel pomeriggio.
La formula sviluppata da SR Italia, fin dal congresso del 2014 e prima ancora (Napoli, Città della Scienza, nel 2013), di presentare contenuti tecnico-scientifici, filosofici, ed artistici, si è rivelata ancora una volta vincente, e molto attrattiva per i giovani, che sono il referente principale di Space Renaissance

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Migrazione ed espansione – i Terrestri in cerca di altri mondi

Migrazione ed espansione – i Terrestri in cerca di altri mondi

Non si tratta di decidere se aprire o chiudere ai profughi, perchè sarebbe come cercare di arginare uno tsunami a mani nude. Il punto vero è: cosa facciamo, intanto che accogliamo i profughi (cosa che auspico), oppure li chiudiamo fuori? Coloro che vogliono erigere i muri speculano sulla paura di alcuni effetti potenzialmente negativi dell’immigrazione di massa. Alcuni di questi effetti non li si può comunque negare. Tuttavia io sostengo che tali effetti sarebbero gli stessi anche in caso di chiusura. Ciò che li provoca non è, infatti, l’effettivo spostamento dei migranti dai loro disgraziati paesi a questi nostri paesi (finora) un po’ meno disgraziati, bensì le forti maree di possibile involuzione culturale che i vasti fenomeni sociali in atto possono procurare. In altre parole la paura sociale, tanto dei migranti quanto dei residenti nei paesi di destinazione, è il vero agente destabilizzante, che può fare arretrare la coscienza civile di secoli in poche stagioni, tanto di popolazioni “invase” da migranti tanto di popolazioni rinchiuse entro mura neomedievali, sia fisiche che mentali.

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