La visione del mondo, nei millenni, ha subito un’evoluzione, più o meno legata al progresso degli strumenti di osservazione ed indagine astronomica, da un lato, ed ai mezzi di trasporto e navigazione dall’altro. Lasciando da parte le pur affascinanti speculazioni su antiche conoscenze astronomiche molto più avanzate di quelle medievali (di cui pure esistono testimonianze archeologiche difficilmente controvertibili), la percezione del mondo ufficialmente documentata considerava il nostro ambiente come una specie di piattaforma piatta, dai confini incerti, non si curava di ipotizzare su cosa poggiasse, ed interpretava il cielo e le luci in cielo (i pianeti) in chiave puramente mistico-religiosa. È solo con Keplero, Copernico e Galileo Galilei che si comprenderà che il nostro mondo è esso stesso un pianeta, e che non è affatto piatto.
Da allora si usa dire che la Terra è rotonda, intendendo con questo che non è piatta.
Si può ben comprendere che, rispetto alla visione precedente, questa sia stata un’acquisizione del pensiero veramente sconvolgente, che ha aperto la mente di tanti studiosi e uomini di buona volontà.
Ma, considerandola oggi, sia dal punto di vista scientifico che filosofico, anche alla luce dell’esperienza astronautica, ormai una parte importante della storia della nostra civiltà, si tratta di una visione accurata e, soprattutto, sufficiente per fronteggiare le sfide di questa epoca storica?
Assolutamente no.
Rotondo semmai è un disco, mentre la Terra è una sfera.
Occorre quindi andare finalmente oltre quel cambio di paradigma, avvenuto ormai quattro secoli fa: la Terra non è piatta. Molto bene. Ce ne siamo ormai fatti una ragione, adesso ci serve acquisire finalmente una concezione più avanzata della nostra collocazione fisica, dimensionale ed ambientale nell’ambiente cosmico che abitiamo.
La Terra è, o è stata, talmente grande che quando viaggiamo abbiamo l’impressione di muoverci in linea retta. Ma non è così: seguiamo sempre la curvatura della Terra, la sfera su cui poggiamo i nostri piedi. Che importanza può avere, questo semplice fatto, per la nostra sopravvivenza ed il nostro benessere, sia come individui sia come civiltà?
Ebbene, ne ha molta.
All’epoca delle missioni Apollo le cose sembravano semplici. Si dava per scontato che, allo sbarco sulla Luna, sarebbe seguita la costruzione di una base permanente, il progressivo insediamento, e via via la costruzione delle infrastrutture in orbita terrestre e lunare, stazioni di sosta e rifornimento, grandi officine per l’assemblaggio di veicoli, moduli abitativi, installazioni di ricerca, impianti di produzione industriale a gravità zero, ospedali, ….
Tale sviluppo si dava per scontato, in base alla storia dell’esplorazione terrestre, delle colonizzazioni, e dello sviluppo del commercio e del turismo attraverso gli oceani, prima con la marina mercantile, poi con l’aviazione civile.
Ma così non è stato, e questo deve insegnarci qualcosa. Significa che, se pensiamo davvero che la civiltà debba espandersi nello spazio — e basta riflettere senza pregiudizi per qualche minuto per rendersi conto che non vi sono altre vie per salvare la nostra civiltà –, serve molto di più, in termini di definizione della visione e delle strategie globali di sviluppo.
In passato i colonizzatori ed i commercianti si sono mossi con le loro navi, percorrendo gli oceani, trovando spesso realtà più primitive, rispetto a quelle da cui partivano, ma a volte anche civiltà avanzate, che a loro volta avevano sviluppato flotte di navigazione anche molto potenti (ad esempio la Cina).
Nel caso del viaggio spaziale, il modello esplorazione-commercio-colonizzazione non ha sinora funzionato, soprattutto perchè giunti alla destinazione non si trova nessuno, e l’ambiente vitale deve essere costruito interamente. Abbiamo avuto alcuni primi, sporadici, vettori diretti verso l’esterno: le missioni Apollo sulla Luna, la MIR, la International Space Station. Ci siamo mossi, con alcune missioni esplorative, cui non ha fatto seguito un vero consolidamento di posizioni: la MIR è stata decommissionata, la ISS finirà per esserlo.
L’unico caso di espansione commerciale nello spazio rimane quello dei satelliti di telecomunicazione, osservazione della terra, posizionamento GPS. Ma non si è trattato di espansione umana, bensì della messa in orbita migliaia di tonnellate di manufatti terrestri, rapidamente decadenti allo stato di detriti. Questo è il destino di tutto quanto l’uomo costruisce e poi abbandona: finisce per diventare un problema, e che problema! Più decade, più il recupero e la manutenzione diventano difficili.
Tuttavia il modello è da prendere in considerazione: si tratta di un modello sferico. La sfera dei manufatti umani, che si è sviluppata nei millenni tutto intorno alla superficie del nostro pianeta, si è estesa in qualche misura all’orbita, tra LEO (3-400 km), dove vola la ISS, e GEO (36.000 km), dove orbitano i satelliti geostazionari.
Dal punto di vista filosofico si tratta di esercitarsi in un passo interiore, piccolo, ma di cui si avvertirà progressivamente l’importanza man mano che lo sentiremo consolidarsi nella nostra psiche: dal concetto della terra rotonda, dobbiamo passare alla concezione sferica.
L’espansione viene vista quindi nella sua vera dimensione: un progressivo allargamento, che non basta pensare a 360 gradi (visione discoidale), ma su tutti i gradi quadrati della sfera… Da wikipedia: l’angolo solido sotteso dall’intera superficie sferica misura 4π, per avere la misura in gradi quadrati si moltiplica il valore in steradianti per (180/π)2, ovvero per 3282.8 (circa), quindi tutta la sfera corrisponde a circa 41253 gradi quadrati.
Dal punto di vista ingegneristico, potremmo parlare di un processo di espansione se si sviluppa su almeno qualche centinaio di vettori radianti, in modo tale che l’intera biosfera umana ne risulti progressivamente ampliata, in modo più o meno contiguo.
Per venire ad una visione più pragmatica, si tratta di padroneggiare l’orbita terrestre, migliorando le capacità di navigazione e manovra interorbitale, costruendo una rete di infrastrutture abitate, tra LEO e GEO, dalle quali si possa mettere mano alla necessaria bonifica e recupero dei detriti spaziali, assemblare veicoli per viaggiare verso destinazioni più esterne, sviluppare attività industriali e commerciali, hotel, produrre energia elettrica da impianti solari di grandi dimensioni.
Sarà come se la sfera terrestre fosse ampliata di qualche migliaio di chilometri verso l’esterno. Tale piattaforma potrà essere costruita utilizzando materiali non solo terrestri, ma anche materie prime lunari ed asteroidee. La tecnologia delle stampanti 3D fornirà un contributo determinante a questo processo: stabilimenti produttivi polifunzionali potranno essere installati sulla Luna e nei punti di Librazione di Lagrange, per costruire e rifornire l’antroposfera in espansione.
Un piano spaziale di nuova concezione, di cui l’esplorazione di mete più lontane — Marte e le sue lune — non sarà l’ennesima “cattedrale nel deserto”, concepita solo per spillare denaro pubblico, ma la punta avanzata dello sforzo più grande che l’umanità abbia compiuto, dopo la costruzione delle piramidi. Su quest’ultimo pensiero, occorre ragionare oltre. La costruzione delle piramidi, per le conoscenze tecnologiche di 4000 anni fa, ha certamente costituito uno sforzo di portata enormemente superiore a quello di costruire l’infrastruttura geo-lunare, ai giorni nostri… Se pensiamo di essere più evoluti e molto più progrediti, come possiamo esitare davanti alla sfida della nostra epoca?
— Adriano Autino, 29 Aprile 2015
Space Renaissance Italia terrà una Conferenza il prossimo 7 Ottobre, in collaborazione con il Politecnico di Torino, dal titolo:
LA NASCENTE INDUSTRIA DEL VOLO SPAZIALE CIVILE Le potenzialità e le prospettive di vivere e lavorare nello spazio, le eccellenze ed il contributo dell’Italia |
Space Renaissance International ha iniziato la preparazione del Secondo Congresso Mondiale, che si terrà nel Giugno 2016, in Italia: